Il consulente è fondamentale per il risparmio previdenziale

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Immagina un vecchietto bislacco che aveva pianificato di spendere ogni suo avere fino al compimento dell’ottantesimo anno di età, giorno in cui pensava sarebbe morto. Ma la sera del compleanno, scoprendo di non esser morto, si ritrovò povero in canna, in lacrime, costretto a dipendere dalla generosità di altri. “Orsù” esclama uno dei presenti “vorrà dire che per questa notte l’albergo ve lo pagherò io”. “Grazie … ma … e domani?” “Beh, domani speriamo che Ella muoia”.

Questo strambo personaggio è un ottimo esempio di ciò che non si deve fare e cioè pianificare la gestione dei propri risparmi, anche quelli previdenziali, affidandosi alle sensazioni.

La nostra mente riconosce il rischio nelle componenti della paura, la classica situazione di pericolo, e dell’incertezza, la condizione dell’ignoto che rende prudenti. Nel risparmio previdenziale sono assenti entrambe le componenti, non si prova paura né si percepisce l’incertezza del futuro remoto perché l’attenzione è concentrata nel breve termine. Ciò che consumiamo subito “vale” di più di quello che consumeremo in futuro. Gli economisti e gli psicologi cognitivi parlano di “pervasiva svalutazione del futuro” perché non si percepiscono in modo adeguato le conseguenze dei comportamenti assunti nel presente, ed è questa la ragione per cui si rischia di rimandare nel tempo la pianificazione pensionistica.

La riforma della previdenza complementare nel 1993 e soprattutto il passaggio dal metodo retributivo a quello contributivo istituito nel 1995 hanno aumentato l’importanza della pianificazione finanziaria ai fini pensionistici, ed è di conseguenza cresciuta la responsabilità individuale nella pianificazione del risparmio di lungo periodo, nella gestione delle abitudini di consumo.

Il dibattito di queste settimane sulla destinazione di parte del Trattamento di Fine Rapporto (Tfr) nella busta paga dei lavoratori va correttamente letto nella decisione delle scelte di consumo intertemporali, nella maggiore responsabilità degli individui sulla qualità della loro vita una volta in pensione. Scegliere di avere maggior disponibilità di denaro subito comporta la rinuncia ad accantonare risorse per il futuro.

Secondo uno studio di Barbara Alemanni dell’Università di Genova e Caterina Lucarelli dell’Università delle Marche, la propensione all’accantonamento previdenziale aumenta tra coloro che hanno maggiore familiarità con gli investimenti e, soprattutto, tra coloro che si avvalgono della consulenza professionale. La programmazione finanziaria ha a che fare con l’incertezza del futuro e quando si ha a che fare con il rischio, le emozioni, come la speranza o la paura, giocano un ruolo critico.

Quando si gestisce da soli il proprio risparmio, ordinario o previdenziale, le emozioni e l’impulsività rischiano di generare decisioni sbagliate, provando paura quando non si dovrebbe e magari uscendo dai mercati quando non si dovrebbe, e viceversa.

Non riusciamo a guardare avanti senza distogliere gli occhi dallo specchietto retrovisore perché migliaia di anni di evoluzione non ci hanno “programmati” a vedere correttamente l’orizzonte di lungo termine, siamo intrappolati nelle emozioni dell’immediato.

L’attenzione eccessiva al breve termine comporta un altro rischio, il paradosso per cui, sarebbe meglio, per il benessere dei nostri risparmi, che il loro andamento non ci stesse troppo a cuore. Perché, se ci sta molto a cuore, finiamo per controllare troppo spesso come vanno. Seguire con apprensione gli alti e i bassi dei risparmi innesca errori nella scelta dei momenti di entrata/uscita dai mercati.

Alla luce di tutto questo è facile notare come il consulente finanziario può aiutare a gestire l’universo di emozioni del risparmiatore e condurlo al successo nella gestione dei propri risparmi per garantire la serenità presente e futura.

Rottamare il vecchio mutuo. Cosa fare per rendere la rata meno cara e risparmiare

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Sulla scia dei recenti interventi della Banca Centrale Europea e su suggerimento di un amico, ho deciso di dedicare questo articolo al tema dei mutui e alla possibilità di conseguire sostanziosi risparmi per chi ne ha stipulato uno negli anni passati.

Una delle frasi più ricorrenti che ascolto, quando i clienti mi parlano dei loro mutui, è: «Ho scelto il tasso fisso in modo tale da sapere con certezza quello che pagherò in futuro». Una scelta che comporta il congelamento del tasso e della rata il giorno della stipula e tali sono destinati a rimanere fino alla fine del contratto. Una decisione che oggi diventa sempre più difficile da difendere.

I numeri certificano che siamo entrati nella fase dei tassi a zero dalla quale chissà quando ci schioderemo. Numeri che hanno azzerato anche gli indici Euribor, a cui è agganciata la maggior parte dei mutui a tasso variabile stipulati in Italia (la parte restante residuale è agganciata al tasso Bce che è allo 0,05%). Numeri che stanno facendo respirare le tasche di chi negli ultimi anni ha scelto il tasso variabile nell’amletico dubbio della scelta del tasso al momento di stipulare un mutuo e che, invece, fanno ora mordere le mani a chi sta pagando una rata fissa stabilita in un momento storico in cui i tassi della Bce erano più alti e non tutti avrebbero immaginato che le cose sarebbero andate in questo verso.

Resta il fatto che oggi c’è una vasta platea di famiglie in Italia che sta pagando rate decisamente più care rispetto a quelle che molti nuovi mutui – quelli nati nell’era dei tassi azzerati – propongono. Ad esempio, chi nel 2002 ha stipulato un mutuo a tasso fisso, nella migliore delle ipotesi strappava in banca un tasso del 6,35%. Nel 2003 i tassi sono scesi ma le migliori offerte di fisso si attestavano al 5,5%. Nel 2004 siamo risaliti al 5,8%, e così via. La domanda è: ‹‹ha senso pagare oggi – quando i tassi dei mutui sono molto più bassi – rate della “vecchia era”?››

La risposta, nella maggior parte dei casi, è no. A chi manca ancora qualche anno e una buona fetta di capitale da restituire porsi questa domanda è quasi d’obbligo: «Perché non entrare nel “nuovo mondo dei tassi azzerati” e provare a risparmiare qualcosina?».

Il modo per farlo è molto semplice, basta giocarsi la carta della surroga, ovvero spostare il mutuo presso un altro istituto che offre condizioni migliori (ricordando che la surroga, prevista per legge, è gratuita e non prevede nuovi atti notarili dato che l’ipoteca iniziale viene trasferita e non modificata, considerato che con la surroga il debito residuo rimane identico ma è possibile invece modificare tasso e durata. E ricordando inoltre che prima dell’atto estremo della surroga si può sempre proporre alla proprio banca una rinegoziazione del mutuo, proposta che è facoltà della banca accettare).

Grazie alla surroga è dunque possibile cambiare mutuo a costo zero in modo da ottenere condizioni più vantaggiose. E soprattutto per chi in passato, non solo recente ma anche più lontano, ha sottoscritto mutui a tasso fisso, le possibilità di risparmio sono notevoli.

Ad esempio, ipotizzando di surrogare un mutuo da 100mila euro con durata di 20 anni, sottoscritto ai migliori tassi fissi dal 2002 ad oggi con un mutuo a tasso fisso o variabile alle migliori condizioni attuali si nota come sia possibile ridurre in maniera davvero importante la rata mensile e la spesa finale per interessi, con risparmi complessivi che per certi mutui sono anche di parecchie decine di migliaia di euro.

Le famiglie si sono ormai accorte che è passato il momento difficile nel quale i mutui erano molto costosi: adesso il costo del denaro è ai minimi storici, e i tassi dei mutui partono dal 2% per un variabile e addirittura sotto il 4% per i tassi fissi, record al ribasso di sempre. La convenienza cambia chiaramente a seconda della durata del mutuo e dell’anno in cui è stato sottoscritto, dato che dal 2002 ad oggi i tassi hanno subito diverse fluttuazioni, ma mediamente sono sempre ottenibili risparmi più o meno corposi.

Infine, viene spontaneo chiedersi: ‹‹cosa fare con i soldi risparmiati sulla rata del mutuo?››.

Una scelta saggia è quella di affiancare alla rata del mutuo che è stata ridotta, un piano di accumulo, un salvadanaio per intenderci, che consentirà nel tempo, di “toccare con mano” il risparmio accumulato e di poter anche estinguere il mutuo prima della scadenza.

Quale futuro in pensione? Meglio pensarci sin da giovani.

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Uno dei temi più caldi degli ultimi anni, che ha infiammato i dibattiti televisivi e acceso lo scontro politico, è quello delle pensioni degli Italiani.

Le pensioni sono ormai oggetto di continue riforme sin dall’inizio degli anni ’90, in un susseguirsi di leggi e decreti, culminati con la famigerata “riforma Fornero”, che ha alzato ancora l’età di accesso alla pensione e ridotto l’importo della stessa.

Nell’ultimo ventennio si è così passati da un sistema pensionistico pubblico che garantiva in media l’80% dell’ultimo stipendio (sistema Retributivo), ad un sistema che, a seconda dei casi, fa variare l’importo della pensione tra il 30% e il 70% dell’ultima retribuzione da lavoro (sistema Contributivo).

Il perché di questa significativa differenza sta nel meccanismo di calcolo della pensione che dipenderà non solo dalla quantità di contributi accumulati dal lavoratore nel corso della sua vita lavorativa, ma anche dall’andamento dell’economia del Paese e da altri fattori, in quanto la rivalutazione annuale dei contributi versati è legata al valore della media quinquennale del PIL italiano.

Va da se che, problemi che oggi affliggono il Bel Paese quali precariato, disoccupazione e scarsa crescita economica incideranno negativamente sulle future pensioni e a farne le spese saranno soprattutto lavoratori autonomi e liberi professionisti.

Questi lavoratori avranno diritto ad una pensione pari a circa il 30% – 50% dell’ultimo reddito da lavoro. Più “fortunati” i lavoratori dipendenti, a condizione che non abbiano periodi di disoccupazione, con una pensione che sarà tra il 60% – 70% dell’ultimo stipendio.

Come correre ai ripari?

Le riforme di questi anni, non si sono limitate solo ad alzare l’età del pensionamento e a ridurre la pensione pubblica, ma hanno anche introdotto e incentivato la Previdenza Complementare, prevedendo vantaggi di varia natura (anche fiscali) per quei lavoratori che sottoscrivono Fondi Pensione e Piani Pensionistici Individuali.

I primi, sono strumenti pensionistici integrativi di natura finanziaria; i secondi, di natura per lo più assicurativa. Entrambi gli strumenti hanno lo scopo di consentire al lavoratore di colmare il più possibile quella differenza tra pensione pubblica e ultimo reddito da lavoro che, come detto in precedenza, può essere molto ampia e incidere in maniera importante sulla qualità della vita del pensionato. Vediamo ora un esempio.

Federico ha 28 anni e gestisce il suo Bar da 3 anni. Egli ha un reddito netto annuale di circa 12.000 euro. In base alle leggi vigenti, maturerà il diritto ad andare in pensione a gennaio 2056, all’età di 69 anni e 9 mesi. Il reddito stimato di Federico a quella data, tenuto conto dell’inflazione e di una moderata crescita dei guadagni nel tempo, sarà di circa 35.000 euro. La sua pensione, invece, sarà pari a circa 16.000 euro, cioè il 46% di quello che guadagnerà prima di andare in pensione. Se Federico non prenderà provvedimenti, sin da subito, si troverà ad avere ad avere una pensione più che dimezzata.

Versando ad un Fondo Pensione, ad esempio, la cifra di 150 euro al mese, Federico riuscirà a garantirsi una pensione integrativa di 6.000 euro l’anno che, sommata a quella pubblica, gli consentirà di godere di una pensione complessiva di circa 22.000 euro, pari al 64% di quello che guadagnerà quando avrà smesso di lavorare. In caso di morte, Federico potrà anche scegliere di destinare la pensione integrativa alla moglie e ai figli.

Non provvedere alla propria vecchiaia è una scelta irresponsabile, perché un giorno bisognerà fare i conti col pensionamento e le prospettive future circa le pensioni pubbliche sono per ulteriori tagli. Rimandare la decisione di aderire ad una forma di previdenza integrativa, invece, può costare caro. Iniziando sin da giovani si dovranno versare delle somme più piccole e quindi si dovranno fare meno rinunce e sacrifici, perché si verserà più a lungo e i rendimenti cumulati nel tempo consentiranno di ottenere una somma maggiore, rispetto a chi, inizierà più tardi a metter da parte dei soldi per garantirsi una vecchiaia serena.