Ricchi di patrimonio ma senza il becco di un quattrino.

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Dalla crisi dei mutui Subprime ad oggi, la vecchia roccaforte del risparmio degli italiani sta crollando sotto i colpi della crisi economica e della forte tassazione. Il mattone non è più una garanzia, ma un grattacapo.

Per capire le ragioni della crisi strutturale del mercato immobiliare italiano che ha visto affondare le quotazioni di case, negozi, magazzini e capannoni in questi ultimi anni, dobbiamo fare un salto indietro di qualche anno, per la precisione a cavallo tra il 2006 e il 2007, quando ebbe inizio la crisi così detta dei mutui Subprime che ha falcidiato il mercato immobiliare, cresciuto in quegli anni a dismisura  sia sul fronte dei prezzi, sia sul fronte delle case disponibili alla vendita.

Banche, costruttori, immobiliaristi, politici e molti altri contribuirono: direttamente interessati a sostenere il fenomeno in quanto percettori di forti utili. Così tutto è durato oltre misura, oltre ogni ragionevole livello. Il risultato è stata l’esplosione della bolla immobiliare e di quella finanziaria nel momento in cui le famiglie, cui le banche avevano concesso mutui con troppa facilità senza curarsi troppo della reale capacità di questi soggetti di restituire il denaro loro prestato, non hanno più potuto onorare i loro impegni.

Nel frattempo le banche (pure le nostre) si scambiarono titoli cartolarizzati (operazione con la quale si converte ad esempio un mutuo in uno strumento finanziario simile ad una obbligazione, pronto per essere scambiato o peggio ancora ceduto ai risparmiatori) sino a crepare, ed il crack di Lehman Brother rappresentò l’apice della follia: sino al giorno prima le società di rating e gli analisti di tutto il mondo classavano quel colosso con tripla AAA, il massimo della solidità finanziaria.

Il resto è una storia a noi tutti tristemente nota.

Da noi la crisi finanziaria ed immobiliare si è abbattuta su una società gravata dalla presenza di un mercato del lavoro inefficiente, ma nel contempo grassa di privilegi sacri, arcaici ed intoccabili. Ha falcidiato – come ovunque nel mondo del resto – il valore degli immobili, fortino sacro dell’italico risparmiatore (giunti nel periodo pre-crisi a livelli tali da non consentire a dei ragazzi di comprare casa, nemmeno con mutui a 40 anni).

Nello stesso tempo non ha trovato un Paese pronto a mobilitarsi per affrontare l’emergenza, rimboccarsi le maniche e proiettarsi al futuro.

Ha invece trovato un Paese appesantito e ingessato sino allo stremo da una rigidità del lavoro che da anni produce solo ulteriore dispersione di risorse e zero progetti per modificare la situazione, solo provvedimenti tampone.

In questa situazione le nuove generazioni si sono trovate (e si trovano) a non poter svolgere un lavoro, oppure ad accontentarsi solo di lavoro precario, con stipendi piuttosto bassi. In definitiva i figli dei proprietari di immobili oggi non possono mantenere la casa che ereditano, e procedono a venderla – il  più delle volte – perché hanno bisogno di fare cassa (come anche molti proprietari).

Come si dice in economia? “Ricchi di patrimonio, ma senza il becco di un quattrino!” Cosa fai, ti vendi un balcone per andare avanti? non si può, devi vendere tutta la casa.

Questo fenomeno, tutt’ora in corso, ha prodotto, e produrrà, un ulteriore flusso di vendite di immobili, proprio perché i redditi – presenti e futuri – di gran parte della popolazione rimarranno bassi.

Ma non basta.

Il lavoro sarà sempre più legato alla produttività piuttosto che ai Ccnl (contratti di lavoro collettivi): il futuro degli italiani non sarà più basato su stipendi e pensioni garantite. E su questo, di recente, l’attuale Presidente del Consiglio è stato molto chiaro, senza sottili giri di parole: “Il posto fisso non esiste più”.

Ma ancora non basta, c’è dell’altro.

Un ulteriore fenomeno di erosione del valore degli immobili è collegato al pesante carico fiscale sulle seconde case, inasprimento inevitabile, perché il nostro Stato non può più tartassare ulteriormente il mondo produttivo, pena la chiusura di ogni tipo di attività.

Non possono fare altro: tassare il patrimonio visibile e non trasferibile oltre confine. E cosa c’è di meglio del patrimonio immobiliare degli italiani il cui valore supera la pazzesca cifra di 7.000 miliardi di euro? Nulla! E’ questa la grande ricchezza visibile degli italiani. Per capire meglio le dimensioni del fenomeno basta pensare che mettendo insieme tutto il debito pubblico dell’Italia (poco più di 2.000 miliardi di euro) e tutta la ricchezza finanziaria degli italiani (circa 4.500 miliardi di euro), non si raggiunge quella cifra.

Perciò, dati alla mano, sappiate che ogni qual volta il Governo avrà bisogno di reperire risorse, non ci penserà due volte a tassare gli immobili.

Da noi poi c’è anche una questione su cui tutti sembrano far finta di niente: la cementificazione è enorme, il rapporto abitazioni/popolazione è altissimo, dunque non abbiamo necessità di costruire nuovi alloggi, la popolazione diminuisce e l’unico motivo per spronare l’edilizia risiede nel fatto che essa produce reddito per moltissimi lavoratori ed operatori del settore e non è un caso che le poche detrazioni fiscali concesse dallo Stato siano proprio indirizzate verso interventi di recupero e restauro del patrimonio edilizio già esistente.

Per finire c’è da considerare l’importantissima questione di cui molto presto sentiremo parlare allo sfinimento su TV e giornali: l’inevitabile inasprimento dell’imposta di successione. Una manovra che garantirebbe alle casse dello Stato circa 40 miliardi di euro all’anno.

Oggi l’Italia è un paradiso fiscale da questo punto di vista. Caso unico in tutta Europa, abbiamo una franchigia di esenzione pari ad 1 milione di euro per ogni erede, e la tassa parte dal 4% per figli e coniuge.

Le medie europee sul tema sono molto più elevate e già sono forti le pressioni verso il Governo per allineare l’imposta di successione del Bel Paese alla media europea. Le indiscrezioni, parlano di abbassare l’esenzione a 100 mila euro e l’aliquota minima al 20%.

E’ chiaro?

Questo significa che chi erediterà una casa si dovrà ricomprare dallo Stato buona parte della casa stessa, senza contare l’ulteriore mazzata che sta per giungere: la revisione delle rendite catastali – in base alle quali si pagano Imu e Tasi – che saranno certamente ritoccate al rialzo.

Cosa credete causerà tutto questo al mercato immobiliare?

E’ la fine di un’epoca, signori e chi si sveglierà per primo potrà evitare gran parte dei guai. La crisi del mercato immobiliare è destinata ed essere permanente, non passeggera.

Parafrasando una famosa frase del film “L’ultima minaccia” di Richard Brooks, verrebbe da dire: <<E’ il de profundis del mattone, bellezza. L’ultimo saluto. E tu non ci puoi fare niente! Niente!>>.

Rottamare il vecchio mutuo. Cosa fare per rendere la rata meno cara e risparmiare

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Sulla scia dei recenti interventi della Banca Centrale Europea e su suggerimento di un amico, ho deciso di dedicare questo articolo al tema dei mutui e alla possibilità di conseguire sostanziosi risparmi per chi ne ha stipulato uno negli anni passati.

Una delle frasi più ricorrenti che ascolto, quando i clienti mi parlano dei loro mutui, è: «Ho scelto il tasso fisso in modo tale da sapere con certezza quello che pagherò in futuro». Una scelta che comporta il congelamento del tasso e della rata il giorno della stipula e tali sono destinati a rimanere fino alla fine del contratto. Una decisione che oggi diventa sempre più difficile da difendere.

I numeri certificano che siamo entrati nella fase dei tassi a zero dalla quale chissà quando ci schioderemo. Numeri che hanno azzerato anche gli indici Euribor, a cui è agganciata la maggior parte dei mutui a tasso variabile stipulati in Italia (la parte restante residuale è agganciata al tasso Bce che è allo 0,05%). Numeri che stanno facendo respirare le tasche di chi negli ultimi anni ha scelto il tasso variabile nell’amletico dubbio della scelta del tasso al momento di stipulare un mutuo e che, invece, fanno ora mordere le mani a chi sta pagando una rata fissa stabilita in un momento storico in cui i tassi della Bce erano più alti e non tutti avrebbero immaginato che le cose sarebbero andate in questo verso.

Resta il fatto che oggi c’è una vasta platea di famiglie in Italia che sta pagando rate decisamente più care rispetto a quelle che molti nuovi mutui – quelli nati nell’era dei tassi azzerati – propongono. Ad esempio, chi nel 2002 ha stipulato un mutuo a tasso fisso, nella migliore delle ipotesi strappava in banca un tasso del 6,35%. Nel 2003 i tassi sono scesi ma le migliori offerte di fisso si attestavano al 5,5%. Nel 2004 siamo risaliti al 5,8%, e così via. La domanda è: ‹‹ha senso pagare oggi – quando i tassi dei mutui sono molto più bassi – rate della “vecchia era”?››

La risposta, nella maggior parte dei casi, è no. A chi manca ancora qualche anno e una buona fetta di capitale da restituire porsi questa domanda è quasi d’obbligo: «Perché non entrare nel “nuovo mondo dei tassi azzerati” e provare a risparmiare qualcosina?».

Il modo per farlo è molto semplice, basta giocarsi la carta della surroga, ovvero spostare il mutuo presso un altro istituto che offre condizioni migliori (ricordando che la surroga, prevista per legge, è gratuita e non prevede nuovi atti notarili dato che l’ipoteca iniziale viene trasferita e non modificata, considerato che con la surroga il debito residuo rimane identico ma è possibile invece modificare tasso e durata. E ricordando inoltre che prima dell’atto estremo della surroga si può sempre proporre alla proprio banca una rinegoziazione del mutuo, proposta che è facoltà della banca accettare).

Grazie alla surroga è dunque possibile cambiare mutuo a costo zero in modo da ottenere condizioni più vantaggiose. E soprattutto per chi in passato, non solo recente ma anche più lontano, ha sottoscritto mutui a tasso fisso, le possibilità di risparmio sono notevoli.

Ad esempio, ipotizzando di surrogare un mutuo da 100mila euro con durata di 20 anni, sottoscritto ai migliori tassi fissi dal 2002 ad oggi con un mutuo a tasso fisso o variabile alle migliori condizioni attuali si nota come sia possibile ridurre in maniera davvero importante la rata mensile e la spesa finale per interessi, con risparmi complessivi che per certi mutui sono anche di parecchie decine di migliaia di euro.

Le famiglie si sono ormai accorte che è passato il momento difficile nel quale i mutui erano molto costosi: adesso il costo del denaro è ai minimi storici, e i tassi dei mutui partono dal 2% per un variabile e addirittura sotto il 4% per i tassi fissi, record al ribasso di sempre. La convenienza cambia chiaramente a seconda della durata del mutuo e dell’anno in cui è stato sottoscritto, dato che dal 2002 ad oggi i tassi hanno subito diverse fluttuazioni, ma mediamente sono sempre ottenibili risparmi più o meno corposi.

Infine, viene spontaneo chiedersi: ‹‹cosa fare con i soldi risparmiati sulla rata del mutuo?››.

Una scelta saggia è quella di affiancare alla rata del mutuo che è stata ridotta, un piano di accumulo, un salvadanaio per intenderci, che consentirà nel tempo, di “toccare con mano” il risparmio accumulato e di poter anche estinguere il mutuo prima della scadenza.

Tutela del reddito della famiglia: proteggere i propri cari dalle disgrazie

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La famiglia è universalmente riconosciuta come nucleo sociale per eccellenza, tanto da meritarsi una serie di tutele riconosciute dalla Costituzione.

Essa è centro gravitazionale di affetti, valori e tutele, oggi più che mai. Basti pensare al ruolo sempre meno presente dello Stato nell’assicurare assistenza e sostegno economico a quelle fasce di popolazione svantaggiate che, per svariati motivi, non possono provvedere autonomamente al proprio sostentamento o che hanno bisogno della continua assistenza di una persona per lo svolgimento anche delle più semplici attività quotidiane. Stiamo parlando di minori, anziani, invalidi e inabili.

I familiari rappresentano una vera e propria ancora di salvezza per questi soggetti, senza i quali, per alcuni di loro, sarebbe impossibile la sopravvivenza.

Il punto della questione però è un altro. Incontro a quale destino andrebbero queste persone, nel caso in cui dovesse venire a mancare anche solo uno dei portatori di reddito della famiglia (spesso le famiglie sono persino monoreddito)?

E’ vero che l’amore di un proprio caro non ha prezzo e nessuna somma al mondo sarà mai in grado di colmare il vuoto lasciato nei nostri cuori, ma la scomparsa del sostegno economico di una famiglia, senza le opportune tutele, rischia di trasformarsi in una tragedia con conseguenze più ampie.

Immaginate un signore quarantenne, sposato e con figli minorenni ancora in età scolare. Lui dipendente di una ditta di autotrasporti, la moglie casalinga, casa di proprietà e mutuo ancora da pagare. Per svariate circostanze il nostro quarantenne si ammala e nel giro di qualche mese viene a mancare. Egli era riuscito a mettere da parte una piccola somma di circa quindicimila euro. Al dramma della scomparsa del marito e padre dei due bambini, si somma quello della totale assenza di reddito della famiglia, l’istruzione da garantire ai figli e il mutuo da pagare. L’unica risorsa economica sulla quale potrà contare la famiglia sono i quindicimila euro (al termine della successione), che tra spese di funerale e varie basterà per poco tempo.

Come avrebbe potuto proteggere la propria famiglia il nostro quarantenne?

Lo strumento da utilizzare, in una corretta pianificazione finanziaria della famiglia, per far fronte a rischi di questo tipo è la TCM, ossia la polizza assicurativa caso morte, che a fronte del pagamento annuo del premio, garantisce l’erogazione ai beneficiari delle somme pattuite in caso di decesso dell’assicurato (in alcune polizze è coperto anche il caso di invalidità permanente).

La domanda successiva da porsi è: quale somma devo assicurare?

Non c’è una risposta univoca, e a questa domanda può rispondere solo ciascuno di noi in base agli impegni che ha in essere, allo stile di vita che conduce la propria famiglia, alle esigenze delle persone a carico e così via. Un buon punto di partenza è quello di considerare subito l’ammontare dei debiti a carico (mutui, prestiti, etc.) in modo almeno da non lasciare passività agli eredi e poi considerare il costo annuo della famiglia e quantificare il fabbisogno economico dei soggetti a carico per il tempo fino a quanto non saranno in grado di provvedere autonomamente.

Ad esempio, se si vuol tutelare un minore fino al completamento del ciclo di studi universitari, si dovrà quantificare una cifra da assicurare che tenga conto anche dei costi legati ad un percorso di studi universitari.

Tutelare la propria famiglia passa anche da una corretta pianificazione finanziaria e dalla copertura dai grandi rischi, partendo proprio dalla tutela del reddito che, non allevierà mai il dolore per la scomparsa di una persona cara, ma se ciò dovesse accadere, consentirà di affrontare più serenamente il futuro.