Far lavorare i soldi per noi. Illusione o obiettivo possibile?

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Diversificazione del rischio,  orizzonte temporale adeguato e obiettivi  ben precisi. Questi i punti da cui partire per puntare ad un reddito periodico e alla crescita del capitale nel tempo.

Con lo scoppio della crisi finanziaria ed occupazionale e l’intensificarsi dei suoi effetti, il boom dei giochi a premio e del gratta e vinci in particolare, con Win for Life su tutti, ha riproposto il mito del vivere di rendita, con la speranza di vincere 4.000 € al mese per vent’anni; e da allora è stato un continuo proliferare di gratta e vinci che promettono rendite da nababbi: “Turista per Sempre” della Lottomatica, ad esempio, promette, con l’acquisto di un biglietto da 5 euro la speranza di vincere 200.000, 6.000 euro al mese per 20 anni e almeno 100.000 euro di bonus finale.

Al di là dei “sogni dorati”, realizzati da pochissimi fortunati, volgendo lo sguardo al lato pratico, è possibile e con quali strumenti si può costruire il proprio piano di rendita?

Occorre fare innanzitutto una doverosa premessa. Il vivere di rendita presuppone l’avere già un capitale accumulato. Volendo collocarsi temporalmente nella vita di un lavoratore si può idealmente immaginare di trovarsi in una fase avanzata, sul calare della carriera sia per raggiunti limiti di età o per fuoriuscita “forzata” dal mondo del lavoro. Altro caso concreto potrebbe essere quello di avere avuto guadagni importanti derivanti o da idee imprenditoriali vincenti o ancora da eventi economicamente fortunati (eredità, vincite), che hanno consentito di far “guadagnare” qualche anno al progetto di rendita.

La buona notizia è che per avere una soddisfacente integrazione del proprio reddito non è necessaria una cifra enorme. Già con 30.000 euro, ad esempio, nell’odierno contesto di mercato, si può ottenere una rendita annua pari a circa 1.600 euro (135 euro al mese), senza esporsi a rischi importanti. Se invece consideriamo un capitale di 100.000 euro, la cedola sarà di 5.400 euro lordi all’anno. Per intenderci, più di quanto oggi riesce a fruttare un appartamento al mare di pari valore se lo si fittasse.

Considerato tutto ciò, esiste un’interessante soluzione che consente di combinare un’ampia diversificazione del rischio del portafoglio a una remunerazione periodica dell’investimento, permettendo ai risparmiatori di vivere di rendita con i fondi, o più realisticamente, di integrare il proprio reddito da lavoro per affrontare con più tranquillità le spese quotidiane oppure concedersi qualche spesa in più (viaggi, cene, etc.). La soluzione consiste nel sottoscrivere i comparti dei fondi a distribuzione della cedola.

I fondi comuni di investimento con questa caratteristica assicurano, come tutti i fondi comuni d’investimento, un’efficace diversificazione del rischio (quindi un rischio abbastanza contenuto di avere perdite sul capitale). Il gestore, infatti, investe di solito in centinaia di titoli, il che riduce il pericolo di fallimento a percentuali frazionali del portafoglio: se, per esempio, si hanno in portafoglio 100 titoli (obbligazioni, azioni) di altrettanti diversi emittenti, e uno di questi dovesse fallire o andare particolarmente male, la perdita sarebbe limitata a circa l’1% del portafoglio. Questo permette di poter contare con ragionevole certezza (sebbene senza nessuna garanzia assoluta) che il capitale investito sia, non solo disponibile nel medio lungo termine (dai 3 ai 10 anni o più a seconda della tipologia di comparto sottoscritto), ma anche rivalutato.

In parallelo, come già detto, il fondo che distribuisce una cedola periodica aggiunge un importante beneficio al sottoscrittore: quello, cioè, di incassare una rendita utilizzabile per molteplici finalità: integrare le entrate di famiglia, coprire alcune spese finalizzate a migliorare la qualità della vita (come, per esempio, pagare la retta scolastica piuttosto che l’affitto di una seconda casa al mare o in montagna), finanziarie le rate di un prestito (per l’auto, per gli arredi della casa, etc.), migliorare le risorse a disposizione per il divertimento e per il tempo libero (viaggi, vacanze, palestra, etc.). Senza poi trascurare un’altra importante proprietà che l’incasso della cedola esercita sulla psicologia del risparmiatore. Quest’ultimo, infatti, potendo contare su un reddito periodico, è spinto a concentrare la propria attenzione su come utilizzare al meglio tale rendita e a essere meno apprensivo sul calcolo del guadagno o della perdita del fondo: a quel calcolo ci si potrà dedicare con la giusta calma ogni tre/sei mesi o una volta all’anno.

Tutto questo permette al risparmiatore di beneficiare, anno per anno, dei frutti (sotto forma di cedole periodiche) dell’investimento e di mantenere nel medio lungo termine il valore del capitale investito.

Sul mercato italiano, sono disponibili parecchi fondi a distribuzione delle cedole: qualcuno lo fa una volta l’anno, altri ogni sei mesi, altri ancora ogni trimestre e alcuni, addirittura, liquidano una cedola al mese.

Al momento della scelta dei fondi in cui investire per ottenere la rendita, è opportuno informarsi innanzitutto su come viene generata quella rendita. Questo perché, alcuni fondi, allo scopo di mantenere le promesse circa l’importo fisso della cedola, oltre ai proventi maturati, disinvestono anche parte del capitale. Questa è una cosa assolutamente da evitare, perché intaccherebbe in maniera importante, riducendolo, la fonte primaria della rendita: il Capitale investito.  In linea con quanto appena detto, bisogna poi fare attenzione alle offerte troppo allettanti. Facciamo un esempio. Nel contesto di mercato odierno, caratterizzato da tassi di interesse estremamente bassi, la promessa di cedole elevate, nella maggior parte dei casi nasconde dei rischi occulti: operazioni in derivati e opzioni, disinvestimenti del capitale, utilizzo smodato della leva finanziaria e via dicendo. Oggi, una cedola annua che con ragionevole certezza (ma bisogna sempre verificare) non nasconde sorprese, non dovrebbe superare il 5% lordo. Se desideriamo di più, dobbiamo anche essere disposti a rischiare più del necessario e considerare la possibilità di vedere delle perdite di capitale anche importanti nel breve periodo.

Altro aspetto importante da valutare con attenzione, specialmente se la rendita che il capitale riesce a generare è di modesta entità, è il costo che talune banche fanno pagare ai propri correntisti per l’accredito delle cedole. Il consiglio è quello di aprire un conto corrente dove non sia previsto il costo per l’accredito di cedole e dividenti, e verificare che la banca corrispondente della società che gestisce il fondo non faccia pagare l’accredito di dividenti. In caso contrario si rischia di pagare due volte lo stesso servizio, riducendo così in maniera importante il valore della rendita, specie se di modesta entità e con erogazione frequente (mensile, trimestrale).

Infine, l’investitore tenga presente che, tutti i proventi incassati dalle cedole, non incidono ai fini del calcolo delle imposte sul reddito, in quanto tali proventi, al momento dell’erogazione sul conto corrente, hanno già scontato l’imposta sostitutiva che oscillerà tra il minimo del 12,5% nel caso il fondo sia composto interamente da titoli governativi al 26% nel caso in cui non vi sia presenza di questi titoli o assimilati. Nella realtà, l’imposta sarà calcolata con un’aliquota media compresa tra le due aliquote minima e massima, a seconda del peso che le classi di titoli avranno all’interno del fondo.

Il consulente è fondamentale per il risparmio previdenziale

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Immagina un vecchietto bislacco che aveva pianificato di spendere ogni suo avere fino al compimento dell’ottantesimo anno di età, giorno in cui pensava sarebbe morto. Ma la sera del compleanno, scoprendo di non esser morto, si ritrovò povero in canna, in lacrime, costretto a dipendere dalla generosità di altri. “Orsù” esclama uno dei presenti “vorrà dire che per questa notte l’albergo ve lo pagherò io”. “Grazie … ma … e domani?” “Beh, domani speriamo che Ella muoia”.

Questo strambo personaggio è un ottimo esempio di ciò che non si deve fare e cioè pianificare la gestione dei propri risparmi, anche quelli previdenziali, affidandosi alle sensazioni.

La nostra mente riconosce il rischio nelle componenti della paura, la classica situazione di pericolo, e dell’incertezza, la condizione dell’ignoto che rende prudenti. Nel risparmio previdenziale sono assenti entrambe le componenti, non si prova paura né si percepisce l’incertezza del futuro remoto perché l’attenzione è concentrata nel breve termine. Ciò che consumiamo subito “vale” di più di quello che consumeremo in futuro. Gli economisti e gli psicologi cognitivi parlano di “pervasiva svalutazione del futuro” perché non si percepiscono in modo adeguato le conseguenze dei comportamenti assunti nel presente, ed è questa la ragione per cui si rischia di rimandare nel tempo la pianificazione pensionistica.

La riforma della previdenza complementare nel 1993 e soprattutto il passaggio dal metodo retributivo a quello contributivo istituito nel 1995 hanno aumentato l’importanza della pianificazione finanziaria ai fini pensionistici, ed è di conseguenza cresciuta la responsabilità individuale nella pianificazione del risparmio di lungo periodo, nella gestione delle abitudini di consumo.

Il dibattito di queste settimane sulla destinazione di parte del Trattamento di Fine Rapporto (Tfr) nella busta paga dei lavoratori va correttamente letto nella decisione delle scelte di consumo intertemporali, nella maggiore responsabilità degli individui sulla qualità della loro vita una volta in pensione. Scegliere di avere maggior disponibilità di denaro subito comporta la rinuncia ad accantonare risorse per il futuro.

Secondo uno studio di Barbara Alemanni dell’Università di Genova e Caterina Lucarelli dell’Università delle Marche, la propensione all’accantonamento previdenziale aumenta tra coloro che hanno maggiore familiarità con gli investimenti e, soprattutto, tra coloro che si avvalgono della consulenza professionale. La programmazione finanziaria ha a che fare con l’incertezza del futuro e quando si ha a che fare con il rischio, le emozioni, come la speranza o la paura, giocano un ruolo critico.

Quando si gestisce da soli il proprio risparmio, ordinario o previdenziale, le emozioni e l’impulsività rischiano di generare decisioni sbagliate, provando paura quando non si dovrebbe e magari uscendo dai mercati quando non si dovrebbe, e viceversa.

Non riusciamo a guardare avanti senza distogliere gli occhi dallo specchietto retrovisore perché migliaia di anni di evoluzione non ci hanno “programmati” a vedere correttamente l’orizzonte di lungo termine, siamo intrappolati nelle emozioni dell’immediato.

L’attenzione eccessiva al breve termine comporta un altro rischio, il paradosso per cui, sarebbe meglio, per il benessere dei nostri risparmi, che il loro andamento non ci stesse troppo a cuore. Perché, se ci sta molto a cuore, finiamo per controllare troppo spesso come vanno. Seguire con apprensione gli alti e i bassi dei risparmi innesca errori nella scelta dei momenti di entrata/uscita dai mercati.

Alla luce di tutto questo è facile notare come il consulente finanziario può aiutare a gestire l’universo di emozioni del risparmiatore e condurlo al successo nella gestione dei propri risparmi per garantire la serenità presente e futura.

Quale futuro in pensione? Meglio pensarci sin da giovani.

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Uno dei temi più caldi degli ultimi anni, che ha infiammato i dibattiti televisivi e acceso lo scontro politico, è quello delle pensioni degli Italiani.

Le pensioni sono ormai oggetto di continue riforme sin dall’inizio degli anni ’90, in un susseguirsi di leggi e decreti, culminati con la famigerata “riforma Fornero”, che ha alzato ancora l’età di accesso alla pensione e ridotto l’importo della stessa.

Nell’ultimo ventennio si è così passati da un sistema pensionistico pubblico che garantiva in media l’80% dell’ultimo stipendio (sistema Retributivo), ad un sistema che, a seconda dei casi, fa variare l’importo della pensione tra il 30% e il 70% dell’ultima retribuzione da lavoro (sistema Contributivo).

Il perché di questa significativa differenza sta nel meccanismo di calcolo della pensione che dipenderà non solo dalla quantità di contributi accumulati dal lavoratore nel corso della sua vita lavorativa, ma anche dall’andamento dell’economia del Paese e da altri fattori, in quanto la rivalutazione annuale dei contributi versati è legata al valore della media quinquennale del PIL italiano.

Va da se che, problemi che oggi affliggono il Bel Paese quali precariato, disoccupazione e scarsa crescita economica incideranno negativamente sulle future pensioni e a farne le spese saranno soprattutto lavoratori autonomi e liberi professionisti.

Questi lavoratori avranno diritto ad una pensione pari a circa il 30% – 50% dell’ultimo reddito da lavoro. Più “fortunati” i lavoratori dipendenti, a condizione che non abbiano periodi di disoccupazione, con una pensione che sarà tra il 60% – 70% dell’ultimo stipendio.

Come correre ai ripari?

Le riforme di questi anni, non si sono limitate solo ad alzare l’età del pensionamento e a ridurre la pensione pubblica, ma hanno anche introdotto e incentivato la Previdenza Complementare, prevedendo vantaggi di varia natura (anche fiscali) per quei lavoratori che sottoscrivono Fondi Pensione e Piani Pensionistici Individuali.

I primi, sono strumenti pensionistici integrativi di natura finanziaria; i secondi, di natura per lo più assicurativa. Entrambi gli strumenti hanno lo scopo di consentire al lavoratore di colmare il più possibile quella differenza tra pensione pubblica e ultimo reddito da lavoro che, come detto in precedenza, può essere molto ampia e incidere in maniera importante sulla qualità della vita del pensionato. Vediamo ora un esempio.

Federico ha 28 anni e gestisce il suo Bar da 3 anni. Egli ha un reddito netto annuale di circa 12.000 euro. In base alle leggi vigenti, maturerà il diritto ad andare in pensione a gennaio 2056, all’età di 69 anni e 9 mesi. Il reddito stimato di Federico a quella data, tenuto conto dell’inflazione e di una moderata crescita dei guadagni nel tempo, sarà di circa 35.000 euro. La sua pensione, invece, sarà pari a circa 16.000 euro, cioè il 46% di quello che guadagnerà prima di andare in pensione. Se Federico non prenderà provvedimenti, sin da subito, si troverà ad avere ad avere una pensione più che dimezzata.

Versando ad un Fondo Pensione, ad esempio, la cifra di 150 euro al mese, Federico riuscirà a garantirsi una pensione integrativa di 6.000 euro l’anno che, sommata a quella pubblica, gli consentirà di godere di una pensione complessiva di circa 22.000 euro, pari al 64% di quello che guadagnerà quando avrà smesso di lavorare. In caso di morte, Federico potrà anche scegliere di destinare la pensione integrativa alla moglie e ai figli.

Non provvedere alla propria vecchiaia è una scelta irresponsabile, perché un giorno bisognerà fare i conti col pensionamento e le prospettive future circa le pensioni pubbliche sono per ulteriori tagli. Rimandare la decisione di aderire ad una forma di previdenza integrativa, invece, può costare caro. Iniziando sin da giovani si dovranno versare delle somme più piccole e quindi si dovranno fare meno rinunce e sacrifici, perché si verserà più a lungo e i rendimenti cumulati nel tempo consentiranno di ottenere una somma maggiore, rispetto a chi, inizierà più tardi a metter da parte dei soldi per garantirsi una vecchiaia serena.

C’era un volta il materasso

Vi è mai capitato di assistere ad una discussione e sentirsi dire: “meglio il materasso”. Oppure, di ricevere delle banconote tutte perfette ma con odori spiacevoli?

Mi sono fatto una domanda: se dopo tanti anni rimane ancora impresso “il materasso”, come sistema di risparmio, c’è qualcosa che non funziona. Eppure, ancora oggi, con questo sistema, c’è chi detiene banconote nella vecchia lira (perché le aveva dimenticate) , non più convertibili, c’è, anche, chi non si ricorda più dove le nasconde (banconote). Il risparmio è necessario per far fronte agli eventi della vita; alle necessità presenti e future e la cultura del risparmio esiste, anche se risulta sempre più difficile, solo che spesso è effettuata in maniera non corretta.

In effetti, le disavventure avvenute sul risparmio e la diffidenza alimentata verso i Professionisti del risparmio gestito, fanno sì che il risparmio rimanga ancora oggi oggetto e risorsa della Banca tradizionale o delle Poste.

Dopo tanti anni le cose non sono molto cambiate; parlare di pianificazione dei risparmi è ancora per pochi.

Qualcuno l’ha definito “Un nuovo Mondo” io aggiungo un nuovo modo per investire e pianificare il nostro ciclo di vita: non solo investimenti, ma consulenza su esigenze specifiche; su donazioni, successioni e passaggi generazionali ad esempio. La valutazione degli investimenti sotto il profilo fiscale diventa sempre più importante; se parliamo, invece, di quiescenza o pensione è indispensabile conoscere le nuove norme della riforma Fornero.

Se infine, il bombardamento mediatico circa crisi finanziaria, truffe e quanto altro, alimenta i vostri dubbi se conviene investire ancora, non è sicuramente il materasso la migliore soluzione.