Paura del buio? I consigli per dormire sereni.

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A tutti noi è capitato da piccoli di avere paura del buio. Una sensazione tanto forte, quanto irrazionale, che ci portava a vedere pericoli ovunque e a tirar su la coperta fino alle orecchie: nell’armadio, sotto al letto, dietro la porta, nelle ombre. Ma la mattina seguente, alla luce del sole, tutto tornava tranquillo. L’armadio tornava ad essere il posto rassicurante di sempre, col suo forte odore di naftalina, dove conservare i vestiti e scomparire quando si giocava a nascondino con gli amici; gli oggetti della stanza riacquistavano la loro familiarità e noi la serenità e il sorriso.

Anche negli investimenti non è molto diverso. I risparmiatori tendono a farsi assalire da paure spesso irrazionali e ingiustificate, che portano a scappare quando i mercati scendono e ad investire con euforia quando salgono. Niente di più sbagliato. Questo atteggiamento è spiegato dalla finanza comportamentale ed è un comportamento normalissimo degli esseri umani, un retaggio primitivo, che ha consentito all’uomo di arrivare fino ad oggi, proteggendolo dai pericoli del mondo agli albori dell’umanità e che è rimasto nonostante millenni di evoluzione.

Un comportamento però, che nel mondo del risparmio ha un effetto disastroso. Disinvestire quando i mercati scendono e investire quando salgono è il primo passo per essere tosati come pecore. Nel primo caso si realizzano materialmente perdite, che spesso possono essere tranquillamente recuperate nel tempo, perdendo ottime opportunità di guadagno; nel secondo caso si rischia di mettere i propri risparmi in strumenti finanziari che sono saliti talmente tanto, che la quotazione è del tutto ingiustificata e che poi crollano di colpo (le famose “bolle finanziarie”: l’ultima la bolla del mercato immobiliare Statunitense che tra il 2006 e il 2007 aveva raggiunto quotazioni folli, drogato dal fenomeno dei mutui Subprime, che ha acceso la miccia della crisi finanziaria del 2008), facendo perdere gran parte dei risparmi alla gente.

A questo punto è lecito domandarsi: “Come gestire tutto questo?”

Avventurarti negli investimenti e nel risparmio da solo, te lo dico subito, è la cosa peggiore che puoi fare. Col bombardamento mediatico di TV, giornali, riviste e siti internet e le pressanti offerte commerciali di banche e assicurazioni è difficile oggigiorno avere le idee chiare su come investire, in cosa e perché.  Il risultato è quello di vivere con ansia, paura o euforia eccessiva le fasi di discesa e di salita dei mercati, realizzando, nella maggior parte dei casi, perdite anche importanti.

I risparmiatori e gli investitori di successo, che guadagnano anche durante la crisi, sono quelli che investono per il raggiungimento di obiettivi specifici e che, una volta scelta la strategia e gli strumenti per adottarla, rimangono fedeli ad essa, indipendentemente che i mercati salgano o scendano. Perché accade questo? Semplice! Perché le scelte di investimento sono frutto di un piano, di una strategia che deve dare i suoi frutti in un determinato periodo di tempo programmato ed è solo allora che si tireranno le somme e si valuterà se l’investimento è stato buono o meno buono. Tutto ciò che succede nel frattempo è irrilevante se si sono definiti bene obiettivi e profilo di rischio e scelti gli strumenti adatti a portare avanti la strategia.  Invece, tutte le scelte fatte a caso o sulla base di previsioni o consigli del “Guru” di turno, dell’amico o del parente, si dimostrano quasi sempre un fallimento, questo perché nessuno è in grado di prevedere il futuro. Chi dice il contrario, nel migliore dei casi è un ciarlatano che vi farà perdere un sacco di soldi.

Ad ogni modo, il ruolo del consulente finanziario è cruciale per rispondere alla domanda. Di fronte a un cliente che umanamente ha desideri e paure, è chiamato a tradurre i primi in obiettivi d’investimento e le seconde in profilo di rischio. Per poi conciliarle in un piano d’azione condiviso. Un compito tutt’altro che semplice.

Ma come scegliere il giusto consulente finanziario?

In giro ci sono tantissimi consulenti finanziari, o sedicenti tali. Tutti belli, bravi e buoni, ma il consulente finanziario, quello bravo e che sta dalla tua parte, è quello che prima di tutto si interessa a te e poi ai tuoi soldi. Il bravo consulente è quello che vuole conoscerti sempre meglio, quello che si interessa alle tue esigenze, ai tuoi desideri, i tuoi sogni, insomma, alla tua vita e poi ai soldi che sei disposto ad investire. Non viceversa. Il compito del consulente finanziario è quello di tradurre le tue esigenze in obiettivi e accompagnarti a raggiungerli, gestendo le tue ansie,  le tue paure ed in genere la tua emotività, per farti diventare un risparmiatore vincente.

La pianificazione successoria della famiglia legittima con e senza figli: fai la mossa giusta.

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Cari lettori, come ricorderete, ad agosto ho scritto un articolo riguardante la pianificazione successoria della famiglia di fatto, sottolineando la necessità per tali famiglie di prendere provvedimenti in tal senso, in considerazione del mancato riconoscimento giuridico, in Italia, di tale vincolo affettivo e dell’assenza di tutela finanziaria, assicurativa e previdenziale da parte dello Stato, cui sono condannate tali coppie. Le recenti posizioni del governo, inoltre, non vanno certo incontro alle esigenze di tutela delle coppie di fatto.

Discorso inverso, invece, per quanto riguarda la “famiglia legittima”, ovvero quella riconosciuta dal nostro ordinamento giuridico e tutelata da apposite norme. Apparentemente sembrerebbe superfluo occuparsi di pianificazione successoria per tali famiglie, ma così non è. Anche in questi casi è necessario pianificare la futura assegnazione dei propri beni in modo efficace, integrando consigli legali a soluzioni assicurative. Attenzione, non si tratta di sostituire il notaio nella redazione del testamento. Si tratta, piuttosto, di integrare soluzioni utili al soddisfacimento di bisogni percepiti o più volte latenti di trasferimento della ricchezza alle persone più care. Ad esempio, volendo semplificare, nel caso della famiglia tradizionale composta da due coniugi con figli possiamo individuare due esigenze che spingono i coniugi alla pianificazione:

  1. La tutela dei familiari con trattamento ereditario equo;
  2. Il rafforzamento della posizione i soggetti deboli o meritevoli.

Nel primo caso, la polizza vita intera diviene strumento utile per l’assegnazione della componente liquida del patrimonio a compensazione dei beni non liquidi assegnati per via testamentaria. Infatti, i beni appartenenti ad uno dei coniugi, o ad entrambi,  hanno difficilmente tutti identico valore ed il beneficio di polizza ben si presta a tutelare gli eredi assegnatari di beni di minor valore. La TCM (Polizza vita temporanea caso morte), invece, ben si adatta a coprire eventuali passività legate ai beni da assegnare, come nell’ipotesi di immobili gravati da mutuo.
Nel secondo caso, la polizza a vita intera si fa preferire al testamento per via della privacy che copre il beneficiario. Il testamento, infatti, in qualunque forma esso venga redatto  – pubblico, segreto od olografo che sia – all’apertura della successione viene pubblicato. Nel rispetto dei diritti ereditari, invece, la polizza permette al beneficiario di rimanere riservato. Pensate, ad esempio, all’esigenza di un genitore che non vuole appendere i cartelloni pubblicitari circa il desiderio di rafforzare la tutela del figlio meno fortunato nelle scelte familiari e professionali.

Consideriamo ora il caso della famiglia legittima senza figli. Anche in questo caso possono essere essenzialmente due le esigenze che spingono alla pianificazione:

  1. La tutela reciproca dei coniugi;
  2. Il rafforzamento della posizione di soggetti deboli o meritevoli.

Per quel che riguarda la tutela reciproca dei coniugi, essi hanno generalmente posizioni patrimoniali non trascurabili e spesso equivalenti. Due polizze vita intera con contraente/assicurato un coniuge e beneficiario l’altro divengono strumenti  utili per l’assegnazione della componente liquida del patrimonio a compensazione dei beni non liquidi assegnati attraverso due distinti testamenti “incrociati”, con cui l’uno nomina erede l’altro. La TCM, invece, ben si adatta, come dicevo prima, a coprire eventuali passività legate ai beni da assegnare (come nell’ipotesi di immobili gravati da mutuo) o a fornire il capitale necessario alla liquidazione dei genitori legittimari.
Nel secondo caso (Il rafforzamento della posizione di soggetti deboli o meritevoli) può capitare il caso di un soggetto, il coniuge e/o altro dipendente affettivo, che ha una posizione patrimoniale debole. La polizza a vita intera si fa preferire per l’opzione di rendita utile a garantire flussi di cassa per il mantenimento del tenore di vita, mentre la TCM ben si adatta alla necessità di coprire passività, quali mutui, debiti e carichi fiscali.

In entrambi i casi, la pianificazione testamentaria e assicurativa risultano essenziali quando si vogliono escludere dall’assegnazione dei propri beni fratelli o altri eredi legittimi “scomodi”.

Come abbiamo visto, quindi, le esigenze che possono spingere la famiglia legittima a pianificare la propria successione, possono essere di vario genere e tante altre ne emergono poi caso per caso. Senza volerci addentrare nell’elenco delle varie casistiche, basta ricordare che, nel rispetto delle quote di legittima, l’assegnazione del proprio patrimonio (mobiliare ed immobiliare) è libera e ci consente di poter gratificare economicamente anche quelle persone che, pur prive di vincolo parentale, ci hanno voluto bene e/o ci hanno assistito con amore durante la nostra vita.

Riempire il salvadanaio: ecco i primi passi

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Il risparmio è sacro. L’affermazione non è blasfema. L’istituzione familiare si regge su quanto si riesce a mettere da parte, sia per i figli sia per fronteggiare eventi futuri, anche imprevisti.

In una corretta pianificazione finanziaria della famiglia ci sono, però, delle tappe da rispettare.

Nel precedente articolo pubblicato si è parlato di quanto sia importante provvedere alla tutela del reddito (e del patrimonio) della famiglia per evitare che le disgrazie che possono colpire i membri della famiglia, in particolar modo il/i portatori di reddito, si ripercuotano negativamente sul patrimonio familiare o sulla sopravvivenza della stessa e di come prevenire ciò.

Compiuto questo primo passo fondamentale, bisogna volgere l’attenzione e le risorse a disposizione alla costruzione di una scorta monetaria per fronteggiare imprevisti di varia natura. Cosa vuol dire?

Partiamo con un esempio. Mario, rappresentante farmaceutico, sposato e padre di tre bambini è un gran lavoratore e persona molto responsabile nei confronti della famiglia. Ha provveduto a tutelare i familiari in caso di suo decesso prematuro e tutto ciò che riesce a risparmiare mensilmente lo destina a dei piani di accumulo per garantire ai figli la possibilità di intraprendere gli studi universitari. Mario usa la sua automobile (l’unica della famiglia) per lavorare e sfortunatamente, un giorno, tornando da lavoro a casa con la sua vettura, centra una buca sull’asfalto e riporta un danno molto serio al semiasse della sua auto, che va immediatamente riparato. Costo della riparazione: 1.200 euro. Mario si trova di fronte ad un imprevisto abbastanza oneroso e lui sa che sul conto corrente ci sono solo 500 euro. Riparare l’auto è urgente, altrimenti non può svolgere il proprio lavoro. Mario a questo punto si trova ad un bivio: chiedere un prestito alla propria banca, pagando salati interessi; o disinvestire parte dei soldi che sta mettendo da parte per l’università dei figli. Entrambe le soluzioni però non gli fanno piacere (pagare interessi nel primo caso; togliere soldi all’istruzione dei figli nel secondo) e presentano l’ulteriore inconveniente dei tempi tecnici per ottenere il denaro a disposizione: 3/4 giorni per il prestito e 1 settimana circa per il disinvestimento parziale dal piano di accumulo.

Come avrebbe potuto Mario, fronteggiare l’inconveniente col minor disagio possibile?

Nel modo più semplice, ossia lasciando parte del proprio risparmio sul conto corrente della sua banca. Detto questo, viene spontaneo domandarsi la cosa più importante: quanto lasciare sul conto corrente?

Anche in questo caso, come nella maggior parte dei casi in cui in finanza si ha a che fare col quantum di una prestazione, la risposta è: “Dipende!”

Dipende dal reddito a disposizione, dipende dal tenore di vita condotto, dipende dagli impegni finanziari in essere. Insomma, dipende da una serie di fattori variabili da individuo ad individuo o da famiglia a famiglia. Una regola di condotta, generalmente consigliata è quella di dotarsi di una scorta monetaria (quindi soldi immediatamente disponibili) di ammontare pari a circa 3 o 5 volte il proprio stipendio netto mensile, con le dovute accortezze. E cioè?

Ritorniamo all’esempio di prima. Poniamo che Mario abbia un reddito mensile di circa 1.700 euro netti e che ha provveduto a lasciare sul proprio conto corrente 6.800 euro, ossia 4 volte il proprio stipendio netto mensile. Pur essendo una persona avveduta, Mario non ha però ottimizzato la sua scelta, perché lasciando sul proprio conto corrente una giacenza media superiore a 5.000 euro, egli è soggetto all’imposta di bollo annuale, su somme che per altro non gli rendono nulla e che sono solo a disposizione per fronteggiare imprevisti. Mario perciò pagherà 34,20 euro di tasse che, se avesse mantenuto una giacenza media inferiore ai 5.000 euro, non avrebbe pagato, senza poi contare le perdite “occulte” dovute all’inflazione e al mancato guadagno che sarebbe rivenuto dall’investire le somme in eccesso.

Per concludere, provvedere a costituire una scorta monetaria per fronteggiare gli imprevisti di breve periodo è una tappa, se vogliamo, obbligatoria in una corretta pianificazione finanziaria della famiglia, o quanto meno fortemente consigliabile, entro i limiti che ci consentono di sentirci tranquilli e di non caricarci di costi inutili (tasse, inflazione e costo opportunità).